ARTE

La collezione d'arte antica

La collezione d’arte di Villa Cagnola è una delle più belle raccolte private di tavole, perlopiù a fondo oro, di pittori toscani e veneti del Trecento e Quattrocento e lombardi del Quattro e Cinquecento. Fra gli altri sono presenti Ercole de’ Roberti, il Maestro della Madonna Cagnola, Jacopo Bellini e i Vivarini.Nell’ambito della pittura dei Sei e Settecento spicca con diverse opere il veneziano Francesco Guardi.

Comprende anche una delle più ricche e complete collezioni di ceramiche, maioliche e porcellane europee ed orientali; spazia tra i primi del Trecento e la fine dell’Ottocento percorrendo in un viaggio immaginario gli stati dell’Europa occidentale sino ad arrivare in Estremo Oriente.

Notevoli sono anche i numerosi arazzi fiamminghi e francesi, i preziosi mobili antichi, le placchette in bronzo e le sculture.

Orari e info

La collezione d'arte è sempre accessibile con visita guidata su prenotazione per gruppi di almeno 7 persone. Visite guidate sono programmate la seconda e l'ultima domenica del mese alle ore 16,00; la prenotazione è consigliata.
Tel. 0332 461304 - reception@villacagnola.it

Contatti

Per qualunque richiesta inerente la collezione si può scrivere alla mail della collezione:
museo@villacagnola.it
oppure direttamente al conservatore Andrea Bardelli:
andreabardelli.studio@gmail.com

L'opera del mese

Antonio Mondino (attivo a Varese tra il 1610 e il 1633),

Sacra Famiglia con San Giovannino,

1626 circa

Dipinto su tela cm. 49,5 × 65,8,

inv. DI.NC.01

La tela fa parte delle opere non schedate della collezione Cagnola di Gazzada Schianno, quindi non si trova pubblicata nel catalogo ufficiale della Collezione curato da Boskovits e Fossaluzza nel 1998.

Nell’Inventario del 1946 (AVC, Sezione Storica, Casa Cagnola, cart. 3, fasc. 1) Don Guido Cagnola elenca tutte le opere presenti nella collezione ed il numero 48 corrisponde al dipinto con la Sacra Famiglia e San Giovannino attribuito ad un «pittore milanese della prima metà del´600 (procaccinesco)». Il medesimo numero è presente anche sul retro della tela, dove figura anche la scritta a matita di mano del Cagnola: «Procaccino» con allegato il biglietto dell’Inventario (attualmente l’opera è inventariata: DI.NC.01).

Non esiste documentazione storica sulla data dell’acquisto e da parte di chi sia stato effettuato: il collezionismo Cagnola ha origine con Carlo Cagnola (1828-1895) che nella metà dell’Ottocento incrementa il patrimonio con importanti acquisti d’arte che accumula nel palazzo milanese di Via Cusani e nella Villa di Gazzada. Aiutato dai consigli di Giovanni Morelli, Carlo compra dipinti come la Madonna Cagnola, ceramiche e arazzi. Nel 1886 lasciò in eredità al figlio Guido (1861-1954), che proseguì l’attività collezionistica del padre, soprattutto acquistando dipinti e incrementando la collezione (cfr. Nicora 1991).

Ho partecipato all’analisi diretta di questo dipinto con la restauratrice Lucia Laita, che oltre alla documentazione fotografica, ha steso un’accurata schedatura sullo stato di conservazione della tela. Dall’analisi risulta una rifoderatura effettuata nel corso della prima metà del Novecento, presenta delle ridipinture diffuse con vernice al quarzo emerse mediante l’aiuto della Lampada di Wood.

In merito all’attribuzione del dipinto non esistono al momento studi sistematici sull’opera, ma l’attuale conservatore della Collezione Cagnola, Andrea Bardelli, mi ha comunicato il commento verbale di Mauro Natale che la attribuisce ad Antonio Mondino, oltre al parere di Vito Zani che ha accolto l’attribuzione a Mondino e la considera un’opera dell’ultimo periodo, in cui il pittore è aperto a suggestioni diverse da quelle del Morazzone

La Vergine ha un’espressione malinconica con lo sguardo abbassato e una dolcezza nell’ovale del viso reclinato che riecheggia i modelli utilizzati nella tela dei Musei Civici (cat. 11) e nella Madonna della Chiesa di Santa Caterina a Colmegna (cat. 13). Il Bambino con il braccio sinistro cerca rifugio tra le braccia della madre e nell’insieme il gruppo è fortemente morazzoniano, ma risente anche dell’influenza di Giulio Cesare Procaccini. A fianco, si intravedono il volto di San Giuseppe, padre anziano, che assiste leggermente in disparte, mentre a sinistra San Giovannino. L’impostazione luminosa è a forti contrasti, le figure emergono dai fondi scuri e i contorni appaiono a volte rigidi. La veste della Vergine è caratterizzata da contrasti piuttosto netti, il blu del manto così come la veste sono stati sottoposti a pesanti ridipinture.

La conferma dell’attribuzione viene ulteriormente convalidata, in seguito all’esame diretto dell’opera, da Jacopo Stoppa, che rileva analogie con la Madonna dei Musei Civici di Varese (cat. 11), malgrado le ridipinture, e propone una datazione prossima al 1626.

Opere

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La collezione

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MAIOLICHE
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L'opera del mese

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